Tuesday 28 June 2011

Dire che la deflazione non è sostenibile dal sistema economico è il modo migliore per giustificare l'opera di svalutazione della moneta perpetrata dalle Banche Centrali.

Anzitutto la diminuzione dei prezzi è l'effetto principale della liberalizzazione di un mercato: più concorrenti che tentano di infilarsi in un determinato settore attirando il maggior numero di acquirenti possibili grazie ai prezzi sempre più bassi.
In questo caso è chiaramente un beneficio per tutti i consumatori, oltre che per gli operatori di altri settori merceologici che si troveranno ad avere consumatori con una maggiore disponibilità economica.
Se questo processo si diffondesse in tutti settori comporterebbe un cospicuo aumento dei risparmi, quindi un beneficio anche per le attività produttive che avrebbero maggiori risorse da cui attingere per i loro investimenti.

Nel caso la base monetaria fosse fissa ci sarebbe sicuramente deflazione a causa dei continui accantonamenti da parte dei risparmiatori ma non si potrebbe certamente ipotizzare la catastrofe finanziaria oppure il blocco dei processi produttivi.
Anzitutto la diminuzione dei prezzi finali sarebbe compensata da una riduzione dei prezzi della materia prima oltre che una riduzione dei salari d'ingresso dei nuovi addetti (compensata dal maggiore potere d'acquisto del denaro) . Inoltre, siccome il consumo sarebbe svantaggioso rispetto al risparmio, la grande quantità di risparmio tenderebbe a mantenere gli interesse a livelli accettabili e soprattutto, se nessun organo politico ne decidesse il tasso, questi sarebbero comunque e sempre una espressione del mercato.

Nel caso di monete metalliche ad emissione privata, la continua estrazione contribuirebbe sempre all'allargamento della base monetaria ma il processo sarebbe basato su una merce vera e propria che qualcuno deve scambiare con altri servizi e quindi molto diverso dal concetto della Fiat Money cosi come lo conosciamo ora.

Thursday 24 February 2011

La delocalizzazione come sintomo della protesta fiscale.

Con grande sfortuna per l'intera collettività, in questo periodo di grande criticità per l'economia ed il lavoro, il pensiero dominante continua ad essere quello rappresentato dal Pianificatore, il Banchiere ed il sindacalista professionista.
Volendo però esaminare la prassi economica da un aspetto molto più pragmatico, allontanandoci, quindi, dalla propensione del Politico a rendersi indispensabile a qualunque costo, dalla teoria monetarista ed espansionista -intrinsecamente sbagliata nei suoi fondamenti- del banchiere Centrale ed infine dalla dottrina Marxista ancora fortemente radicata e perfettamente funzionale solo al pensiero Sindacale, dovremmo tentare di capire le ragioni di quanti, avendo sufficienti mezzi disponibili tra le mani, decidano di prendere armi e bagagli per trasferire i loro impianti produttivi in Nazioni o addirittura Continenti lontani.
Esistono nazioni al mondo che praticando un'imposizione fiscale molto bassa per tutte quelle imprese che siano disposte ad insediare sul loro territorio nuovi impianti produttivi, mantengono il costo del lavoro particolarmente contenuto. ciò costituisce la miglio garanzia possibile per quanti siano alla ricerca di un buon profitto per i propri capitali ed è inutile sottolineare che non vi sia capitale al mondo, piccolo o grande, che possa in qualche modo resistere alla forza d'attrazione della possibilità di un profitto!
La dinamica del massimo profitto da parte dell'imprenditore è di primaria importanza e segue fedelmente la dinamica del massimo risparmio da parte del consumatore e quando un prodotto è fuori mercato, non perché dei concorrenti abbiano ottenuto qualcosa di equivalente ad un costo minore ma perché lo Stato tramite un complicato sistema di tassazione distrugge la competitività delle industrie sul proprio territorio, per il consumatore sarà normale rifornirsi di beni di importazione. A quel punto sarà indispensabile per l'imprenditore cessarne la produzione e salvaguardare il proprio capitale oppure optare per il trasferimento lontano da quell'Inferno fiscale.
Qualcuno, generalmente i Politici meno affini alle questioni economiche, in questi frangenti potrebbero anche trovare indicato un sistema di Dazi che porti il costo dei beni importati dall'estero allo stesso livello di quelli prodotti sul suolo Nazionale ma questa è in tutto e per tutto un'altra tassa che grava sul povero cittadino e lo deruba oltre che di ulteriore denaro del suo diritto alla deflazione come conseguenza naturale e benefica della globalizzazione.

Per quanto queste considerazioni possano sembrare banali e scontate non riescono però ne ad entrare nelle menti dei professionisti della burocrazia nazionale ed Europea, il cui compito dovrebbe essere quello di organizzare le imposte al fine di attirare i grandi capitalisti sul proprio territorio in modo che possano stimolare la produzione ed il lavoro che sono in ultima istanza gli unici produttori di benessere, ne tanto meno nella testa dei contribuenti che, debitamente indottrinati, anziché protestare doverosamente contro il loro Governo che opprimendo ed imbrigliando l'economia li riduce ad uno stato di sudditanza e di miseria, protestano contro chi, non accettando questa situazione vessatoria, trova ottimi sistemi per difendere la propria libertà che solo il Burocrate, non il diritto naturale, definisce illegali.

? per tanto doveroso, per il bene dell'intera civiltà occidentale, che la questione fiscale venga capita e affrontata con estremo coraggio poiché nel corso dell'intera storia dell'umanità furono proprio le tasse a determinare le fortune e le rovine dei vari imperi, dall'antico Egitto all'impero Romano sino a quello Britannico, tutti prosperarono grazie alla concorrenza fiscale fatta ai propri contemporanei e crollarono sotto il peso di tasse divenute, poi, troppo onerose.
Questo è il destino che si prefigura anche per Europa ed America passate, per colpa dell'illusione Socialista -ideale più a garantire una buona fonte di sostentamento ai burocrati che non a sussidiare la popolazione-, da una tassazione ridotta degli inizi del secolo scorso ad un'imposizione attuale del tutto asfissiante per cittadino ed impresa.
Così noi ora abbiamo un grandioso stato sociale dove tutti possono usufruire del servizio sanitario e di quello dell'istruzione pubblica ad un costo nominale irrisorio. ciò che nessuno vede, o preferisce non vedere, è che questi servizi che vengono gestiti in modo monopolistico dai nostri burocrati -che notoriamente non hanno nessuna propensione ne al profitto ne alla gestione oculata- costano a ciascuno di noi mediamente il 50% del nostro reddito più il 10 o 20 % di ogni bene che compriamo o servizio di cui usufruiamo più le gabelle minori che ogni amministrazione riesce ad inventarsi a vario titolo più ovviamente un ulteriore 5% del nostro Pil che ogni anno va a sommarsi al debito pubblico e che quindi presto si tramuterà in nuove tasse.
Sono queste oltre alle ad altre innumerevoli imposizioni che gravano sull'impresa a mandare tutto il nostro sistema produttivo fuori mercato e di conseguenza a distruggere l'intero tessuto economico Nazionale poiché si tende a dimenticare l'importante concetto enunciato da Adam Smith che l'operosità di un cittadino cresce solo se gli sarà garantito il suo diritto naturale di godere della massima parte dei frutti del proprio lavoro.
è in definitiva impensabile prodigarsi per una efficace tutela d'ufficio della sempre più folta schiera di deboli oppure sperare che un capillare rete di solidarietà possa sorgere spontaneamente tra i cittadini senza forti e ricche imprese da cui attingere ma, come era naturale pensare nel '700 è ancora più impensabile imporre, a tale scopo, delle tasse senza il consenso dei cittadini. E nessuno darebbe mai il proprio consenso ad essere rovinato dall'imposizione fiscale.
E poiché è vano sperare che nel prossimo futuro siano solo coloro i quali riconoscano l'importanza del pensiero illuminato dei grandi filosofi liberali del XVIII secolo ad essere chiamati a guidare la delicata macchina dell'Amministrazione Pubblica è indispensabile, se non vogliamo risvegliarci in un Europa del tutto simile a quella del V secolo, dove di fatto vigeva uno stato di schiavitù fiscale, che i cittadini alzino la voce contro questa continua estorsione e l'imbroglio socialista che la giustifica i quali hanno come unico risultato quello di distruggere tutte le nostre risorse e quindi costringere i più coraggiosi ed intraprendenti tra di noi a ricorrere all'auto esilio lasciandosi alle spalle solo una profonda miseria.
http://www.321gold.com/fed/greenspan/1966.html

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